giovedì 19 gennaio 2012

CAOS DENTRO: I GIOVANI E L’ITALIA: PRENDERE O LASCIARE?

Giovani in fuga da un Paese maltrattato, che non gli piace, che non valorizza la persona e non dà futuro, e giovani che restano, che resistono, che non vogliono abbandonare, nonostante tutto, il Paese più bello e memorabile della storia dell’intera umanità.
La discussione di questa settimana di Caos Dentro si focalizza proprio su questa questione, una delle più sentite fra le nuove generazioni, che hanno una voglia matta di raccontare e gridare forte le proprie esperienze, le proprie testimonianze ma, soprattutto, i propri sentimenti e la propria sofferenza. Un argomento, sicuramente, che lascia sgomenti ma allo stesso tempo stupiti chi ascolta la nostra voce. Come sempre…buona discussione!

1 commento:

  1. Ho vissuto personalmente per molti anni l'esperienza di expat, non più giovanissimo ma non per questo meno coinvolto e meno consapevole dei tanti giovani che negli ultimi anni hanno deciso di lasciare il loro Paese e dei tanti che stanno pensando di farlo.
    E, del resto, come non capirli di fronte alle reazioni di questi ultimi giorni e ore da parte delle tante lobbies e corporazioni - peculiarità del tutto italica - che si oppomgono con le unghie e con i denti a qualsiasi ventata di aria fresca a ogni tentativo di mettere in discussione lo status quo: le prime vittime sono proprio loro, che vorrebbero essere giudicati e premiati per i loro meriti e le loro capacità senza dover chiedere raccomandazioni o "spintarelle".
    Io alla fine ho deciso di tornare e restare, e provare a cambiare qualcosa perchè mia figlia non debba trovarsi nelle stesse condizioni di tanti suoi quasi coetanei. Ma devo ammettere che capisco molto bene e condivido completamente le ragioni e la rabbia di tanti di voi che con grande coraggio hanno fatto e faranno questa difficile scelta.

    "Expat" è abbreviazione di expatriate, gli espatriati, quelli che lasciano per un po' o per sempre la nazione di cui hanno ancora in tasca il passaporto; un nomignolo che ha fatto successo, dove sembra di leggere un'amara constatazione: siamo gli ex della nostra patria, lasciati andare senza neanche un arrivederci.

    L'Italia per questi nuovi expat è una cartolina nella cornice dello specchio, col timbro di tanti anni fa. È un rimpianto impossibile, un errore di gioventù, una patria sì bella e perduta e non ritrovata, un pensiero che non va più, che si posa sui clivi e sui colli solo nei rimpianti, buona solo per una svelta vacanza. L'Italia degli expat è un paese che non si può semplicemente lasciare: lo si abbandona, lo si ripudia, con dolore, spesso con livore, ma anche con un forte senso di liberazione.

    Giovani, istruiti, prevalentemente maschi: addio valigie di cartone, è l'identikit perfetto dei "cervelli in fuga"; ma forse è proprio perché il cervello è rimasto al suo posto che sono partiti a ancora partono.
    Migliaia di ragazzi italiani hanno scoperto così che "il paese delle opportunità è ovunque, tranne che a casa loro", come ha osservato ironico il Time alcuni mesi fa con il suo reportage "Arrivederci Italia".

    Ma se traslocare all'estero è ancora un "esilio", lo è in quanto la frontiera da scavalcare non è più geografica ma mentale, di costume, di etica pubblica. Gli expat tedeschi o americani non partono con lo stesso disgusto per ciò che si lasciano alle spalle.
    Il torrente in fuga dal Belpaese ha a che fare con l'economia almeno quanto con la sociologia, col costume civile, con lo scarto pauroso fra la mentalità diffusa del paese e quella della sua meglio gioventù.

    Uscire dall'Italia per i nostri figli è scavalcare la linea che divide due modi opposti di vivere, abbandonare un ambiente sociale percepito come frustrante, ingiusto, incerto per trovarne uno organizzato, sicuro, gratificante. Dell'Italia rimpiangono il sole, non il nepotismo. "Sono gay, giovane e ricercatore: dovevo restare per essere tre volte discriminato?" Affermazioni come queste non sono eccezioni. L'Italia rappresenta un modo di vivere vecchio, ingiusto, punitivo, clientelare e mafioso.
    E non tutti si fanno illusioni perchè non esistono i paradisi, ma solo posti dove stai bene e basta scoprire che la normalità esiste: non devi avere la raccomandazione anche per lavorare in un bar, e se sei sulle strisce si fermano.

    Nessuna eden, ma un'altra vita sì.
    Hanno ricevuto un'ottima istruzione pubblica ma erano solo un investimento a fondo perduto. Non hanno avuto tempo per fare la rivoluzione. Per loro non ne valeva la pena, perchè ormai l'Italia è solo un'illusione. Ma si poteva poi fare, la rivoluzione, in questa Italia?

    Cristo si è fermato a Eboli, ma dopo è partito anche lui!

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