Si è appena concluso un anno particolarmente difficile per i lavoratori italiani e per chi purtroppo è in cassa o addirittura disoccupato.
Solo nel 2011 in Italia sono fallite quasi 9000 imprese (all’incirca 24 ogni giorno) a causa di una crisi economica che non accenna a diminuire, alimentata da una gestione politica basata su tasse e totalmente priva di interventi atti a sostenere il lavoro, le imprese e di conseguenza le famiglie italiane.
Purtroppo investire sugli ammortizzatori sociali non è la soluzione, poiché rimanda solo il problema di qualche anno. Una volta esauritisi questi , infatti, il lavoratore si ritrova comunque senza un impiego e di conseguenza senza un reddito.
Molte aziende che sono riuscite a resistere in questi anni di recessione economica, ora stanno valutando la possibilità di dislocare la produzione all’estero in paesi (Cina, Turchia, India, Brasile, ecc…) in cui il costo del lavoro è molto inferiore rispetto all’Italia.
In questi paesi non sono presenti leggi adeguate sulla sicurezza, sull’inquinamento ma soprattutto vi è un inferiore pressione fiscale, che fa gola agli imprenditori di casa nostra.
Non è possibile che in Italia una azienda sia costretta a pagare fra contributi e tasse varie, 1400€ mensili circa per una lavoratore che, paradossalmente, percepisce al netto solo 800€ al mese…
E’ una vergogna!!!
Le aziende che invece scelgono di accettare l’ardua sfida di rimanere sul suolo Italiano si vedono costrette ad abbassare il costo del lavoro cercando follemente di battere la concorrenza cinese sulla quantità e sul costo, rinunciando alla qualità e ad uno sviluppo del prodotto MADE IN ITALY.
Ovviamente questo peso viene sobbarcato sulle spalle degli operai poiché l’innovazione costa e quindi si obbliga il lavoratore a produrre di più, non sostituendo macchinari ormai obsoleti con quelli di ultima generazione molto più efficienti, ma bensì costringendo il dipendente a lavorare di più grazie anche ad un uso improprio della cassa integrazione pretendendo che quest’ultimo, lavorando meno giorni, effettui la stessa produzione che svolgeva prima in una settimana piena. Come se non bastasse, vi è un forte attacco ai diritti che duramente sono stati conquistati con anni di lotte, mettendo timore ai lavoratori con la classica frase, oseremo dire alla Marchionne, di moda oggi nelle aziende “Se vi va bene è così altrimenti chiudo e vado all’estero”.
Con questo espediente la maggior parte dei lavoratori cedono al ricatto senza rendersi conto che in qualsiasi caso l’azienda ha già preso le sue decisioni e quindi, se ha deciso di andarsene, lo farà comunque. Oltre al danno la beffa.
Purtroppo queste situazioni sono sempre più frequenti nelle aziende Italiane a causa di un sindacato fortemente indebolito da lavoratori precari sempre più facilmente ricattabili, ma soprattutto da divisioni interne a livello nazionale e dallo scarso appoggio di lavoratori ormai stufi di vedere sindacalisti stile “Luca Nervi” che sfruttano il loro ruolo solo per saltare il lavoro con permessi sindacali e che si danno da fare solo quando i fatti li riguardano in prima persona.
L’unica speranza di ridare dignità ai lavoratori e alle aziende Italiane è rappresentata dai giovani che invece di lamentarsi di un sindacato e di una politica opportunista, si devono mettere in gioco in prima persona ricordandosi che se le cose non piacciono come sono le possiamo cambiare!
Concordo in pieno! Esorto i giovani di qualsiasi credo politico a pretendere posti di primo piano nella politica. A costo di andarsene da sedi di partito per fondarne di nuove.
RispondiEliminaPurtroppo è un cane che si morde la coda, capisco che non sia facile per un’azienda mettersi in competizione coi cinesi(con cinesi intendo non solo i cinesi ovviamente...) i quali, senza obblighi di alcun genere, si possono permettere di vendere a prezzi ridicoli articoli di ogni categoria, che poi noi stessi compriamo perché molto più convenienti, anche se il più delle volte si tratta di oggetti non sicuri e di pessima qualità.
RispondiEliminaMa i soldi in tasca alla gente sono sempre meno ed è naturale che si cerchi di risparmiare come si può.
E le aziende italiane cosa possono fare per tentare di sopravvivere? Investire nella qualità, specializzarsi in prodotti di nicchia difficilmente copiabili, oppure chiedere sacrifici ai lavoratori per non essere costretti a chiudere ed andare a competere dove è più facile farlo(est europeo, Asia, ecc...).
Non tutti hanno i mezzi e le capacità per "modificarsi", anzi in molti, in troppi, restano soffocati da questa situazione e sono costretti, guardando negli occhi dipendenti e collaboratori coi quali hanno lavorato per anni fianco a fianco, ad ammettere il proprio fallimento, forse morale prima che economico.
Non è così facile trovare adesso una soluzione rapida al problema, ci si doveva pensare sicuramente prima, quando le cose andavano bene! Ma come sempre si tenta di chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati!!
E noi giovani invece cosa possiamo fare?? Possiamo certo discuterne ed informarci, ma cos’altro si può fare quando trovare un posto di lavoro fisso è diventato ormai un’utopia, quando chi un posto fisso ce l’ha, non sa per quanto ancora ce l’avrà! Quando passi a distanza di un mese dal fare straordinari a ritrovarti sul divano di casa a contare le piastrelle del pavimento, in cassa integrazione…e se anche l’articolo18 vacilla, come può un giovane oggi pensare di farsi un futuro, fare progetti a lungo termine, togliersi quella schifosa ed umiliante etichetta di “BAMBOCCIONE”??
Io non so rispondere a queste domande, so invece che non è facile in questo momento opporsi a “richieste” e ricatti che arrivano dall’alto, sarebbe bello poter seguire i propri princìpi e le proprie convinzioni, ma non è per niente facile farlo in questo periodo...
Andrea
Certo che a noi universitari viene proprio una gran voglia di entrare nel mondo del lavoro...c'è da aver paura...e se rimandassi la laurea??? O_O
RispondiEliminascherzi a parte, qui l'unica cosa da fare è mettersi in gioco e combattere finchè si può!
Combattere ragazzi, combattere e resistere. Questa è la vostra resistenza, una resistenza politica, intellettuale ma soprattutto sociale...nessuno può permettersi di distruggere il futuro altrui, quindi non mollate, non demordete, puntate l'obiettivo e raggiungetelo! Pessoa diceva che la vera intelligenza sta nell'agire...agite dunque!
RispondiEliminaOrvuar
"Agite dunque"!(?) seconda persona plurale del verbo agire, tempo ecc. ecc. Sempre gli altri devono mmuoversi, eh? Io sto quì, in panciolle ad osservare, sempre pronto a sollevare eccezzioni che sottolineano gli errori o gli abusi altrui. Un modo tutto italiota che rimarca la mia estraneità ai fatti, io sono il puro che si autolegittima a fustigare i vizi degli altri,protetto dal perbenismo di parole che non comprometono l'immagine che do di me stesso, ma che rivelano in pieno l'assenza partecipativa a processi di cui mi elevo a giudice. Quell'adagio canzonatorio "Armiamoci e partite..." si ripropone in tutta la sua viltà.
RispondiEliminaProviamo a scendere al fianco di questi giovani una buona volta, smettiamola di lanciare parole d'ordine come "A costo di andarsene da sedi di partito per fondarne di nuove." Quante volte si è assistito al sorgere di gruppi, spontanei o meno, che vivono lo spazio di una stagione per poi perdersi in rivoli che si essicano al sole senza confluire nel fiume che fa la storia. I partiti, con tutti i limiti e difetti di cui sono portatori, possono riproporsi quali soggetti in grado di governare fasi come la nostra, a patto di sapersi rigenerare e rendersi interpreti dei tempi. Come si possono rigenerare se le nuove leve sono sempre più richiamate dalle sirene che indicano i partiti come responsabili di ogni male, senza pensare che le "sedi" possono essere quei luoghi di elaborazione e discussione rivolte al cambiamento, partito compreso. Ricorrendo all'ormai logoro "gettare il bimbo con l'acqua sporca" risulta retorico anche all'orecchio del pantofolaio rivoluzionario da poltrona, ma questo è il rischio! Poi cosa può succedere? Tante teste pensanti e nessuna sintesi che si traduca in piattaforma condivisa sulla quale agire? Io credo che alle parole facili dette con superficialità debba sostutuirsi la responsabilità individuale dove la libertà venga espressa con l'impegno personale, partecipativo, e non sbattere la porta alla prima sconfitta con l'alibi del "tanto sono tutti uguali", una volontà partecipativa in grado di percepire il valore dell'agire contrubuendo alla costituzione di quella massa critica, unica condizione che ci mette in grado di determinare lo spostamento (anche millimetrico) dei percorsi verso la giustizia. Il limite di di questi processi sono e restano i tempi. I terremoti sono il segno dello spostamento delle placche continentali, spostamenti impercettibili fino a quell'equilibrio che consente al pianeta di sopravvivere, così via fino alla tensione successiva. Paragonare i tempi geologici ai tempi di vita dell'individuo che aspira alla felicità nel suo breve percorso di vita, può risultare forzato, ma pensandoci bene esso riassume efficacemente l'evoluzione della civiltà. Resta la constatazione che accellerando questi tempi, la storia ha generato frizioni, eventi meglio conosciuti come GUERRE. Io penso che sia prioritario battersi per uno scenario evolutivo diverso dalle soluzioni del passato, e che insistere sulla demonizzazione di qualsiasi organizzazione che si ispira alla nostra Costituzione in materia di Pace, sia profondamente ingiusto oltre che pericoloso.
S.M.