In questa storia non c’è nulla di originale.
Ho conosciuto Sara all’università, anche lei studentessa fuori sede. Raramente entro in confidenza così tanto con le persone da farmi raccontare storie personali (sarà, ahimè, il mio “animo nordista”) ma è stato difficile non farsi trascinare dalla sua energia e simpatia, così abbiamo fatto subito amicizia. Sara è una ragazza di 24 anni e proviene da un piccolo paese del Sud. Ha perso il padre da bambina e da allora vive con la madre e la sorella più grande. Finita la triennale, ha deciso di trasferirsi a Roma per la specialistica –
“al sud non ci sono molte opportunità e in ogni caso ho intenzione di rimanere a Roma anche dopo la laurea. O magari verrò a Milano!”.
Mi racconta dei sacrifici che sua madre, dipendente pubblico, sta sostenendo per farla studiare. Sara cerca di darle una mano lavorando part-time per poche centinaia di euro al mese “almeno mi pago l’affitto e le spese”. Alla borsa di studio è risultata idonea. Che vuol dire? Ne ha diritto ma non c’è copertura a causa della mancanza di finanziamenti. Sara è sveglia, brillante, si dà anima e corpo tra università e lavoro, ma a volte, presa dallo sconforto, mi chiede: “ma è la scelta giusta? vale la pena di fare tutti questi sacrifici?”. E’ una domanda che mi pongo spesso anche io e ammetto che faccio fatica a trovare una risposta incoraggiante. Poi penso alle parole di mio padre, che con la sua calma rassicurante riesce ad alleggerire qualsiasi mio pensiero: “E’ dura, ma è sempre un’opportunità in più per te, per il tuo futuro, per quello che vorrai fare”. Mi aggrappo a queste parole come una bambina alle favole, sono disillusa e so che in questo paese c’è qualcosa di profondamente sbagliato. I problemi li conosciamo, elevata disoccupazione femminile e giovanile, precarietà, stage che in realtà sono volontariato, tagli all’università che non offre i servizi adeguati, mancanza di fondi per il diritto allo studio e molto altro ancora. Pretendere che il governo attuale ponga rimedio a questa situazione è una chimera, ben altre sono le priorità in questo momento. Tuttavia, penso che noi giovani siamo il motore di questo paese e che se non si punterà su di noi (come non è stato fatto fino a ora) si andrà poco lontano.
La storia la conosciamo: cervelli in fuga, giovani che cercano di realizzare il loro futuro là dove le loro capacità vengono riconosciute e premiate. Oppure, per chi non può permettersi di lasciare il proprio paese (o non vuole), lo attendono anni di precarietà, tra stage che non formano e contratti a progetto.
Un finale diverso è possibile, ma spetta solo a noi cambiare le cose, ora più che mai. La vita è una e il tempo non gioca a nostro favore. Non possiamo giocarci il nostro futuro, non possiamo aspettare che i politici, o chi per essi, si sveglino dal loro torpore. E’ il momento di farci sentire, di gridare ancora più forte. Come recita un murales nel film-documentario “TheTake” (di Lewis e Klein): “I nostri sogni non entreranno mai nelle vostre urne!”. Elettorali? Cinerarie? Probabilmente non vi è molta differenza...
" vale la pena di fare tutti questi sacrifici?"
RispondiEliminaCredo di si, anzi, ne sono sicuro. A lungo andare l'impegno darà i suoi frutti. Forse non il lavoro sognato; magari, nemmeno una posizione di rilievo su una pianta organica di una qualsiasi società.
La persona stessa godrà dei frutti del proprio sacrificio. Il proprio essere, ed il porsi all'interno di una comunità, ne guadagnerà sicuramente. Sò bene che i sentimenti non nutrono lo stomaco; ma la corazza data dai sacrifici fatti aiuterà ad amalgamarsi meglio con ciò che la vita ci farà piovere addosso. Cambiare le cose; si, sarebbe bello. Ma per far ciò? bisogna smettere di delegare? bisogna prendere posizione? E quale posizione? L'antipolitica credo non sia buona cosa; ma sinceramente non vedo nulla di nuovo, vedo nomi di partito nuovi ma faccie vecchie. E con le stesse faccie,secondo me, la storia non fa altro che ripetersi. Sono stato vicino a chi s'è indignato, ho simpatizzato per chi manifestava con le braccia alzate. Ma se cerco nella memoria, la poca storia che ho studiato, di popoli che hanno cambiato le cose alzando le mani al cielo, ne trovo veramente pochi, quasi nessuno direi. Non so se sia giusto o sbagliato, le questioni morali le lascio spartire ai religiosi, di qualsiasi credo essi siano. Forse però, scusate se mi permetto; immorale sono io, quando mi lamento di quello che non và, ma lascio che ciò mi scivoli addosso senza cercare di porvi rimedio.
Il problema, a mio avviso, non è la politica in sè ma la cattiva politica (come quella alla quale siamo abituati da anni). Cambiare le cose? Suonerà retorico, ma ci dobbiamo credere altrimenti le cose non cambieranno. Come? Beh se ci si aspetta che lo facciano i soliti politici, pronti a guardarsi bene dal mettere in discussione la propria posizione, di sicuro non cambierà nulla. E non fare niente non è una opzione contemplabile. La chiave è il singolo cittadino. Ogni singolo giovane.
RispondiEliminaQuale posizione? Questo circolo GD è un punto di partenza. Una goccia nel mare se paragonato al contesto nazionale, ma è un modo per reagire, per non farsi scivolare le cose addosso. E' una forza che nasce dal basso, dal desiderio di cambiamento e dalla voglia di mettersi in gioco, per provare realmente a cambiare le cose. Certo, un piccolo passo, ma sicuramente un buon inizio.
L'indignazione che provo per il senso di impotenza di fronte ad un sistema (politico, partitico, lobbies, cleintelismi, economia che antepone le merci all'uomo, finanza, corruzione e....)che ci sovrasta ed annulla le giuste aspirazioni della Vostra Generazione è immensa.
RispondiEliminaSophie, ciò che dici lo comprendo benissimo, ma cosa significa "mettersi in gioco"?
Mi sento un po' retorico sottolineando che ognuno di noi "è" quella goccia nel mare, e quella goccia che piano piano perfora la roccia mi fa arrabbiare, perchè la mia goccia non potrà vedere il risultato della miriade di gocce che andranno a perforare le avidità che tutti condanniamo, ma che ci costringono a soggiacere ad esse, coi loro specchietti di richiamo che puntualmente frustrano tutti i buoni propositi di ognuno. Cosa fare? Voi Profeti che gridate nel deserto, inascoltati da un potere sordo. Siete in tanti, siamo in tanti a dover rialzare la testa e guardare in faccia questo sistema oppressivo e continuare ad urlare il nostro NOOOO! No alle ingiustizie,alle sopraffazioni,agli sprechi, alla rapina di ambiente, alla guerra,al diverso presentato come nemico,alla violenza delle parole che generano i fatti di Torino di Firenze di diciottomila disperati sepolti nel Mediterraneo. Si continua a sommare orrore su orrore nell'indifferenza delle cornucopie natalizie.Cominciamo con il colpire al ventre molle questo sistema ed incominciamo a dire NO ai regali di fine anno, a tutti quei bisogni che ci creano ad arte e che si spengono nell'effimero delle festività di fine anno. Impariamo a consumare l'essenziale, l'indispensabile, a boicottare quei prodotti che grondano sangue e sofferenza degli sfruttati, dei paria della terra. Anni fa ho avuto il privilegio di ascoltare un Profeta del nostro tempo: P. David Maria Turoldo "I poveri salveranno il mondo". Non compresi a fondo quel messaggio all'epoca, mi domandai allora come fosse possibile che i poveri potessero sovvertire le regole che determinavano la miseria. L'ho capito in seguito, arrovellandomi per anni sull'assurdità di quelle affermazioni, ed il paradosso mi si è svelato: noi dobbiamo, abbiamo l'obbligo di farci poveri recuperando la cultura dell'indispensabile, del rispetto del "Creato" attingendo per quanto ci basta perchè ogni abuso si traduce in sottrazione per chi viene dopo di me. Atteggiamenti di questo genere basterebbero a mettere in ginocchio quel sistema che della competizione ha fatto regola, una competizione che ci induce a sotrtrarre risorse ad altri prima che altri lo facciano, senza pensare che prima o poi il tutto si esaurisce ed allora la miseria arriva per tutti!
Voi, la vostra generazione, è il primo stadio di questa miseria, e forse siamo ancora in tempo a colpire quel ventre molle ed arrestare questo processo autodistruttivo.
Se la mia goccia non vedrà quell'alba poco importa, ogni essere umano lascia la sua scia, il seme germoglierà, che la nostra consolazione sia quella di non essere annoverati tra i maledetti!
Spera