giovedì 22 dicembre 2011

CAOS DENTRO: LETTERA DI NICOLA SACCO

In un periodo storico condizionato da nuove lotte operaie e inquietudine nei confronti di uno Stato che, fra luci e ombre, rende molto ambigue le prospettive di futuro per tutte le generazioni presenti sul suolo italiano, ci sembra doveroso e allo stesso tempo molto costruttivo pubblicare la lettera che il nostro connazionale Nicola Sacco, poche ore prima di essere giustiziato negli Stati Uniti sulla sedia elettrica nel 1927, scrisse a suo figlio Dante. Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, per chi non li conoscesse, furono due anarchici italiani emigrati in America tra il 1908 e il 1909. Da subito molto attivi nell'organizzazione di scioperi per i diritti degli operai e degli immigrati  sul suolo americano, il 23 agosto 1927 furono giustiziati ingiustamente tramite sedia elettrica per l'omicidio di un poliziotto mai compiuto durante una manifestazione in ricordo di un altro italo-americano, Andrea Salsedo, assassinato dalla polizia precipitando dal quattordicesimo piano di un edificio appartenente al Ministero della Giustizia. Solo cinquant'anni dopo la loro morte, il governatore del Massachusetts riconobbe ufficialmente l'innocenza dei due italiani. Insomma, quando gli immigrati eravamo noi...

"Mio carissimo figlio e compagno, 
sin dal giorno che ti vidi per l'ultima volta ho sempre avuto idea di scriverti questa lettera: ma la durata del mio digiuno e il pensiero di non potermi esprimere come era mio desiderio, mi hanno fatto attendere fino ad oggi. Non avrei mai pensato che il nostro inseparabile amore potesse così tragicamente finire!
Ma questi sette anni di dolore mi dicono che ciò è stato reso possibile. Però questa nostra separazione forzata non ha cambiato di un atomo il nostro affetto che rimane più saldo e più vivo che mai. Anzi, se ciò è possibile, si è ingigantito ancor più. Molto abbiamo sofferto durante il nostro lungo calvario. 
Noi protestiamo oggi, come protestammo ieri e protesteremo sempre per la nostra libertà. Se cessai il mio sciopero della fame, lo feci perchè in me non era rimasta ormai alcuna ombra di vita ed io scelsi quella forma di protesta per reclamare la vita e non la morte, il mio sacrificio era animato dal desiderio vivissimo che vi era in me, per ritornare a stringere tra le mie braccia la tua piccola cara sorellina Ines, tua madre, te e tutti i miei cari amici e compagni di vita, non di morte. Perciò, figlio, la vita di oggi torna calma e tranquilla a rianimare il mio povero corpo, se pure lo spirito rimane senza orizzonte e sempre sperduto tra tetre, nere visioni di morte. Ricordati anche di ciò figlio mio. Non dimenticarti giammai, Dante, ogni qualvolta nella vita sarai felice, di non essere egoista: dividi sempre le tue gioie con quelli più infelici, più poveri e più deboli di te e non essere mai sordo verso coloro che domandano soccorso. Aiuta i perseguitati e le vittime perchè essi saranno i tuoi migliori amici, essi sono i compagni che lottano e cadono, come tuo padre e Bartolomeo lottarono e oggi cadono per aver reclamati felicità e libertà per tutte le povere cenciose folle del lavoro. In questa lotta per la vita tu troverai gioia e soddisfazione e sarai amato dai tuoi simili. Continuamente pensavo a te, Dante mio, nei tristi giorni trascorsi nella cella di morte, il canto, le tenere voci dei bimbi che giungevano fino a me dal vicino giardino di giuoco ove vi era la vita e la gioia spensierata - a soli pochi passi di distanza dalle mura che serrano in una atroce agonia tre anime in pena! Tutto ciò mi faceva pensare a te e ad Ines insistentemente, e vi desideravo tanto, oh, tanto, figli miei! Ma poi pensai che fu meglio che tu non fossi venuto a vedermi in quei giorni, perché nella cella di morte ti saresti trovato al cospetto del quadro spaventoso di tre uomini in agonia, in attesa di essere uccisi, e tale tragica visione non so quale effetto avrebbe potuto produrre nella tua mente, e quale influenza avrebbe potuto avere nel futuro. D'altra parte, se tu non fossi un ragazzo troppo sensibile una tale visione avrebbe potuto esserti utile in un futuro domani, quando tu avresti potuto ricordarla per dire al mondo tutta la vergogna di questo secolo che è racchiusa in questa crudele forma di persecuzione e di morte infame. Si, Dante mio, essi potranno ben crocifiggere i nostri corpi come già fanno da sette anni: ma essi non potranno mai distruggere le nostre Idee che rimarranno ancora più belle per le future generazioni a venire. Dante, per una volta ancora ti esorto ad essere buono ed amare con tutto il tuo affetto tua madre in questi tristi giorni: ed io sono sicuro che con tutte le tue cure e tutto il tuo affetto ella si sentirà meno infelice. E non dimenticare di conservare un poco del tuo amore per me, figlio, perchè io ti amo tanto, tanto... I migliori miei fraterni saluti per tutti i buoni amici e compagni, baci affettuosi per la piccola Ines e per la mamma, e a te un abbraccio di cuore dal tuo padre e compagno".

Nicola Sacco







2 commenti:

  1. Non avevo mai letto questo lettera e mi ha veramente toccato profondamente, provando ad immedesimarsi nel periodo storico, nel luogo e nella situazione questa lettera prende un significato molto profondo e ti fa capire proprio che persona fosse Nicola Sacco!!!
    Massima stima!!!

    RispondiElimina
  2. Idee chiare questo circolo giovanile...finalmente qualcuno che trasmette un po' di cultura in questo paese!

    RispondiElimina