giovedì 1 dicembre 2011

CAOS DENTRO: DISCUSSIONE SUL “FINE VITA”


Il primo numero della nostra rubrica di attualità e cultura debutta con una tematica molto delicata, tornata prepotentemente in queste ore motivo di discussione: lo scontro sul fine vita.
Come molti di voi già sapranno Lucio Magri, storico fondatore del Manifesto e ex parlamentare comunista, ha scelto di mettere fine alla propria esistenza, dopo una lunga depressione,  in una clinica svizzera attraverso il cosiddetto “suicidio assistito”. La scelta dell’intellettuale italiano, oltre a suscitare enorme cordoglio per la perdita di una delle menti più eccellenti del nostro paese, ha riaperto una vecchia ferita, ovvero quella del diritto dell’uomo di poter scegliere liberamente come concludere la propria esistenza. La scelta di Lucio Magri, dettata da una depressione insostenibile dopo la perdita dell’amata moglie Mara, ha suscitato una lunga serie di commenti e dichiarazione sulla questione del “fine vita”, raccolti sia nel panorama politico che in quello, come lo definiscono molti, prettamente “laico”. Di fronte alla perdita di Magri, Vannino Chiti, vicepresidente del Senato, chiede “rispetto e pietà” ma soprattutto “che si eviti di promuovere l’ennesima disputa ideologica, prediligendo il silenzio, la compassione e i sentimenti di fraternità umana”. Ben altro tono quello del centrista Maurizio Ronconi, che definisce la scelta di Magri un “atto di viltà”, mentre Ignazio Marino, del PD, sottolinea la differenza tra “suicidio assistito” e “eutanasia” , invitando comunque tutti a evitare il solito scontro pro-vita e pro-morte. Molto diretto invece Cicchitto, che rabbrividisce di fronte all’esistenza di cliniche “per la buona morte”. Emma Bonino, invece, risponde alla questione senza mezzi termini, affermando che “la morte fa parte della vita e ci appartiene”.
A seguire ecco Mina Welby, moglie di Piergiorgio, che scelse di morire nel 2006 assistito dal suo medico dopo anni di malattia. Se Lucio Magri ha scelto di morire in Svizzera, dice Mina Weelby, "vuol dire che considerava la sua depressione senza via d'uscita. Era la sua volontà, e la scelta dell'individuo è l'unica cosa che conta. La scelta di uscire dalla vita compete alla persona, non ci sono critiche da fare, solo massimo rispetto". Sulla stessa lunghezza d’onda anche Peppino Englaro, padre di Eluana, che con parole molto semplici dichiara: “vale solo e sempre un principio: il primato della coscienza e della libertà personale". Secondo Englaro, "nessuno può entrare nella coscienza di una qualsiasi persona. Questo signore evidentemente ha esercitato il primato della sua coscienza. E' tutto lì. E tutto si riassume in queste parole, nel primato della coscienza personale, che non può essere messo in discussione da nessuno sulla faccia della terra". Alla luce di questo primato, conclude Englaro, certe scelte non vanno necessariamente condivise, ma devono essere sempre rispettate.
Punti di vista diversi, come si può ben notare, ma una domanda sorge spontanea: “chi vorrebbe vivere in uno Stato che si appropria del diritto di scegliere in che modo una persona libera vuole concludere la propria esistenza? Dove sta la libertà del singolo individuo? Non è forse un dramma, inoltre, prendere questa decisione e concludere la propria esistenza lontani dal nostro paese?
Che la discussione abbia inizio!

6 commenti:

  1. C’è una tragica grandezza in chi decide di porre fine alla sua vita, liberamente, con un atto d’imperio che l’intelletto impone al corpo, massima espressione di libertà perché della nostra personale esistenza ognuno di noi è il solo e unico responsabile e padrone. Vi ricordate le parole finali di Cesare Pavese: “Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi”.

    Terra sit tibi laevis.
    Che almeno la terra ti sia lieve. Era un’epigrafe romana colma di delicato rimpianto.
    Grazie Lucio.

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  2. Ovviamente ogni individuo è libero di decidere cosa fare della proprio vita, ognuno può decidere se e come terminare la propria vita, se e come curarsi da un malanno, se e come non curarsi da un malanno!
    La mia personale opinione su questo caso è che la depressione, al contrario di molte altre malattie, è una malattia curabile e magari con il giusto aiuto avrebbe potuto superare un momento difficile.
    Ma questo è solo quello che penso io, avrei detto la stessa cosa anche su una qualsiasi altra persona che avesse intrapreso lo stesso cammino verso la morte.
    Diversa è la questione se si è costretti in un letto da anni senza poter far altro che sbattere le palpebre.
    Per capire il mio discorso basta pensare ad una semplice domanda: quello che sto passando si può definire vita? se non si arriva ad una conclusione bisogna prendere una decisione e darsi una scossa, ma se non è possibile fisicamente darsi una scossa io non biasimerò di certo la scelta del suicidio assistito o dell’eutanasia....
    Questo è quel che penso.
    Aspetto di sapere cosa ne pensano altri per potersi confrontare e magari capire il punto di vista di altre persone.
    Matteo

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  3. E' giusto vi sia libertà di scelta, ma una persona che soffre di depressione ha la lucidità di decidere cosa fare della propria vita? Siamo sicuri che si è veramente liberi di scegliere o piuttosto non sia la malattia a non consentirti di vedere altra via di uscita che la morte? Un conto è decidere di finire la propria vita perchè sai che se non lo fai tu lo farà la malattia o nel caso in cui sai che il tuo caro non si sveglierà più e vuoi dargli una degna morte. Un altro è la depressione, non è un male incurabile e se anche ti sembra di essere senza via di uscita in quel momento, ricominciare a vivere si può. Non è questione di religione (non sono credente)ma pensare di rendere lecito questo tipo di suicidio mi fa pensare alla sconfitta dell'uomo, della sua capacità di scegliere, perchè vi è scelta quanto sei padrone di te stesso e non schiacciato dal peso di questo brutto male; un terribile alibi per non prendersi cura di sè e "giustificare" coloro che malati di depressione ritengono la propria vita inutile e senza scopo. E questo mi spaventa.

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  5. La grandezza (e il limite)dell'uomo, stà nella propria libertà, nella propria capacità e libertà di autodeterminarsi specialmente negli aspetti più intimi che lo riguardano personalmente.
    Ogni ingerenza esterna pone limiti a questa sua grandezza che egli è chiamato ad esercitare nel pieno delle proprie facoltà. Questa libertà oso inquadrarla in quella evoluzione che pone l’uomo al di sopra di ogni altra forma di vita, riconosciuta peraltro anche da correnti di pensiero e di religione che oggi si ostinano ad espropriarne l’unicità, deviando l’identità altrui , avocandola ad una unica morale. Ciò viene attuato in palese contraddizione con l'autodeterminazione a cui amavano richiamarsi, che un tempo veniva contrapposta con virulenza a quei totalitarismi d'oltrecortina etichettati come regni del male. Come giustificare e nobilitare il martirio se non si è in grado di comprendere la testimonianza che passa attraverso scelte così drammatiche ed intime, e che risultano essere comprensibili (ahinoi!) solo a chi le attua.
    Io preferisco immaginare l’umanità ad uno specchio frantumato, le cui scaglie riflettono una luce propria, se pur sembra identica a tutte le altre, essa appartiene ad un coriandolo singolo di quello specchio, essa è e rimane comunque un contributo al pari delle altre, li, ad indicare una scia che un uomo a tracciato, indicandone la propria irripetibilità.
    Lucio Magri appartiene solo a Lucio Magri, a tutti noi appartiene il suo ingegno, il suo lavoro intellettuale, perché lo ha prodotto quella intelligenza unica ed irripetibile per chi si è posto in suo ascolto, uno sforzo intellettuale che egli ha sempre pagato in prima persona, in nome di libere scelte che hanno sempre caratterizzato la sua azione politica.
    Le sue scelte personali le si può condividere o meno, ma sono sempre e comunque da rispettare, perché appartengono ad una sfera superiore, cioè a quella che ci dovrebbe stimolare riflessioni riguardanti l'esercizio della sovranità nostra su noi stessi, ma nel silenzio di ognuno e nel rispetto reciproco.
    (L’uomo è sempre esistito e sempre esisterà nel tutto)

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  6. Lucio Magri è Lucio Magri, si può solo condividere o meno la sua scelta ma senza dare giudizi. Tuttavia se prendiamo qst caso cm spunto per un discorso più ampio, ritengo che la differenza tra eutanasia e suicidio assistito sia labile. Da una parte abbiamo la massima espressione della libertà dell'uomo, di chi sa che la sua vita è giunta al termine perchè in coma irreversibile o ucciso poco alla volta da un malattia incurabile; dall'altro l'espressione massima dell'egoismo ma non di chi decide di suicidarsi ma della società. Quante volte si è sentito parlare di depressione? Quante campagne sociali dedicate a questo tema? La depressione colpisce moltissimi giovani (abbiamo drammatici esempi anche nel nostro paese) e si tratta di un dolore profondo, muto che spesso viene sottovalutato. Allora io ritengo che prima di decidere di rendere lecito questo tipo di suicidio sia un dovere lavorare per far capire a chi soffre che non è solo e può chiedere aiuto e, soprattutto, sensibilizzare le persone per aiutarle a capire quando qualcuno a noi caro sta male e indirizzarle su come comportarsi (io informazioni così le ho solo trovate in rete perchè le ho volute cercare). Se il suicidio fosse possibile anche per casi come questi, si celebrerebbe il massimo egoismo di questa società che prima ti lascia solo e poi ti offre una soluzione economica, in termini di welfare, per liberarsi di te. Investire in strutture pubbliche e una comunicazione sociale su mali meno visibili ma altrettanto pericolosi come questi di sicuro chiederebbe più energie, sia intellettuali che economiche. Ripeto, non sono credente ma è l'esperienza personale a farmi parlare così.

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