giovedì 16 febbraio 2012

CAOS DENTRO: VUOLE LA RICEVUTA?

Settimana scorsa sono andata a fare una visita in uno studio medico privato: mi era stato detto che il costo sarebbe stato di 100 euro, peccato che il medico in questione si fosse dimenticato di dirmi che, se avessi voluto la ricevuta, avrei dovuto pagare 120. Avrei potuto lamentarmi al posto che pagare la cifra, ma diciamo che non sono così sfacciata e che soprattutto non avrei sicuramente risolto il problema di fondo.
La realtà è che sono troppi i privati che in questo momento fanno questi giochetti con i clienti, che spesso, per risparmiare, non pretendono la ricevuta o addirittura se ne dimenticano, come se fosse un optional e non un obbligo. La cosa peggiore è che, in questi casi, se paghiamo senza ricevuta i privati ci guadagnano senza esser tassati, mentre, se pretendiamo la ricevuta e dobbiamo pagare di più, il privato ci guadagna comunque e praticamente paghiamo le tasse al suo posto.
Questo non è l’unico caso: quante volte ci capita di andare in un negozio e la cassa “non va” e non esiste a quanto pare un blocchetto per le ricevute? Quante volte nei negozi e nei bar la cassa viene chiusa  prima della chiusura effettiva e prima che tutti i clienti se ne siano andati? Quante volte alle bancarelle ambulanti i commercianti sono sprovvisti di cassa o blocchetto per le ricevute? E soprattutto, quante volte noi, per distrazione o noncuranza, ci dimentichiamo di chiedere lo scontrino?
La ricevuta non è solo un pezzo di carta che ci dice quando e quanto abbiamo speso e che ci permette, in certi casi, un parziale rimborso per alcuni servizi, ma è anche la garanzia che i privati, come tutti i lavoratori dipendenti, siano tassati secondo quanto guadagnano e che quindi paghino per i servizi pubblici di cui tutti usufruiamo. Se un privato decide di non dichiarare tutto ciò che guadagna, se ha così voglia di arricchirsi, allora che non usufruisca dei servizi per cui altri pagano!
Lo Stato dovrebbe garantire tutto questo, dovrebbero esserci controlli più mirati, norme più rigide, nessuno dovrebbe avere la possibilità di aggirare le regole e nessun cliente dovrebbe trovarsi nella condizione di dover scegliere tra risparmiare (e in questo periodo sappiamo quanto sia importante) o impedire a un privato di non pagar le tasse.
Purtroppo però non è ancora così, lo Stato non arriva dappertutto, l’unica cosa che possiamo fare è cercare nel nostro piccolo di cambiare mentalità: dobbiamo ricordarci sempre quanto sia importante quello stupido pezzo di carta, ricordarci che è la nostra garanzia e la garanzia degli altri, ricordarci che le tasse servono  a pagare i servizi pubblici e che se continueranno ad esserci persone che non le pagheranno ci rimetteremo tutti, ricordarci…di ricordarlo agli altri, soprattutto a quei privati che spesso si dimenticano di tutto questo e che hanno ancora il coraggio di chiederci “Vuole la ricevuta?”.


1 commento:

  1. Il sistema occidentale di concezione della democrazia, spesso viene assimilato al modello americano, una concezione di organizzazione sociale che del liberismo e della libera concorrenza ne fa il presupposto per affermazione del merito come valore fondante. Dando per scontato questo sunto (anche se non pienamente condiviso dal sottoscritto), non capisco come i sostenitori di questo sistema ne esaltino l'efficacia ignorandone volutamente quel pilastro fondametale rappresentato dal loro sistema fiscale. Vorrei che non si dimenticasse che l'evasione negli USA viene ritenuto un reato federale, penalmente perseguibile con il carcere (immaginiamo le conseguenze di sovra-sovraffolamento carcerario che ne deriverebbe qui da noi). I soloni nostrani sognano forme e strutture organizzative che ricalcano i massimi sistemi importabili, dimostrando un'esterofilia pelosa, una scarsa fantasia per un Paese come il nostro, che a buon diritto andrebbe collocato tra le culle della civiltà, ma che non sanno (onon vogliono) cogliere i punti qualificanti dei sistemi altrui. Per limitarci al sistema fiscale, quello americano ad esempio si basa essenzialmente sugli "interessi in concorrenza" tra le parti, e non è da ieri che l'on. Tabacci insista in questa direzione. In buona sostanza: se il panettiere mi rilascia la ricevuta del pane, dentro quel biglietto stanno i presupposti del suo reddito trasformandosi in sostituto di imposta; se quel biglietto entra a far parte della mia denuncia dei redditi (a detrazione) li dentro ci sta il mio contributo all'erario, e sarà la differenza tra la mia busta paga e la somma degli scontrini del panettiere a determinare il mio reddito soggetto ad IRPEF. Un sistema di concorrenza che renderebbe trasparente la ricchezza di ognuno. sarebbe ingenuo nascondersi le difficoltà di transizione ad un sistema del genere, ma se non viene generato dal basso, qualsiasi sistema basato su controlli della finanza presenta varchi o pertugi che consentono evasioni ed elusioni, e con l'informatica . Ho sin qui semplificato per maggiore chiarezza del concetto, ma fondamentalmente è così che funziona negli Stati Uniti. Se provassimo a copiare un po'(?) magari collegandola al codice fiscale individuale non sarebbe cosa impossibile.
    Per tornare al problema specifico sollevato dal blog, credo che tra i più odiosi sistemi di ricatto sia quello in ambito sanitario. In questo caso si è di fronte a due soggetti (medico-paziente) nel quale uno dei due è l'anello fragile, quello del paziente, e la rabbia in questi casi non è misurabile. Bisognerebbe attuare norme che prevedano in questi casi la radiazione dall'albo. S.M.

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