La Zanzara era il titolo del giornale studentesco del Liceo Parini di
Milano, fondato nel 1945. La rivista, che ebbe nella sua storia giovani
redattori divenuti poi firme importanti del giornalismo italiano come Walter
Tobagi, è nota per uno scandalo scoppiato nel 1966 quando la pubblicazione di
un articolo sulla sessualità degli studenti portò alla denuncia e al processo di
tre suo redattori (Marco De Paoli, Claudia Beltramo Ceppi e Marco Sassano).
Il caso rimbalzò immediatamente sulle cronache nazionali dividendo
il Paese ma, soprattutto, i partiti politici, con la Democrazia Cristiana e il
Movimento Sociale Italiano che costituirono il “partito della colpevolezza”,
mentre la sinistra e i cattolici progressisti intervennero in difesa degli
studenti. Al processo parteciparono più di 400 giornalisti (molti stranieri) e
il 2 aprile 1966 la sentenza assolse i tre ragazzi dall’accusa di stampa oscena
e corruzione di minorenni.
Vi riproponiamo l’articolo, sperando di ricordare quei
giovani che si sono battuti per le loro libertà, come dovremmo fare anche noi oggi.
Febbraio, 1966
Qual è
la posizione della donna nella società italiana? Quali sono temi che si trova
ad affrontare? Qual è il suo atteggiamento a fronte all'educazione, alla
cultura, alla morale, alla religione, al matrimonio ed al lavoro?
È indubbio
che negli ultimi anni si sia verificata una notevole diminuzione dei pregiudizi
che tenevano la donna in una posizione secondaria di fronte a questi problemi e
che un graduale evolversi della società abbia seguito un analogo processo
evolutivo anche nel campo dell’emancipazione femminile. Ciò non toglie che in
complesso sussista ancora diffusamente una mentalità conservatrice tendente a
subordinare il sesso femminile a quello maschile.
Per
avere una chiara visione di questi problemi, abbiamo pensato che il metodo
migliore fosse quello di discuterne con ragazze di diversa età e di differente
formazione in modo da avere un’idea il più possibile fedele delle diverse
posizioni.
L’educazione familiare
Uno
dei primi problemi che abbiamo affrontato nella nostra discussione è stato
quello dei rapporti con la famiglia e dell’educazione che essa impartisce.
Il punto su cui praticamente tutte
si sono trovate d’accordo è stato quello di ribadire la necessità di
un’educazione «tendente a dare coscienza delle proprie responsabilità». A
questo si ricollega il desiderio di una notevole libertà individuale, concessa
dai genitori, libertà che nella maggior parte dei casi è stata giudicata
soddisfacente.
«Ho
sempre avuto molta libertà di agire come voglio, di frequentare la gente che
voglio, di pensare come voglio».
Per
quanto riguarda i rapporti con i genitori, non viene più accettato un
atteggiamento di tipo autoritaristico, ma si chiede loro amicizia e una
maggiore comprensione dei propri problemi.
«Io
posso accettare un consiglio di mio padre solo se è motivato e non perché dice
che è il padre e basta!».
«Io
considero mia madre come un’amica, come una donna con cui discutere
apertamente. Lei ha verso di me una grande fiducia ed altrettanto io verso di
lei. Ascolta le mie opinioni, eventualmente le critica, e le discutiamo
insieme. Non mi impone i suoi giudizi: mi consiglia ma mi fascia fare le mie esperienze».
Ci
sono, però, alcune eccezioni: «Il continuo e ossessivo desiderio da parte dei
miei genitori di aiutarmi e di essermi vicino, mi è parso un’imposizione ed una
limitazione della libertà, per cui mi sono allontanata e ho rifiutato il loro
aiuto. L’autoritarismo dei genitori si risolve specialmente in un autoritarismo
sulle questioni sessuali da cui derivano poi le altre.
Nella
mia educazione sessuale non vi è stata una chiara negazione del sesso ma una
specie di compromesso tra la negazione del sesso per rispetto a certe
abitudini, ed una contemporanea affermazione per paura di essere arretrati
negandolo. Il che ha prodotto in me una grande confusione ».
Già
da questa risposta si introduce quello che è uno dei motivi fondamentali della
nostra inchiesta: l’educazione sessuale. In generate l’intervento dei genitori
in questo campo è stato giudicato piuttosto secondario; assai maggiore è
l’influenza avuta dalla lettura di libri sull’argomento e dalle confidenze
delle compagne:
«I
genitori hanno fatto per me solo da complemento».
Per
quanto riguarda il futuro invece si prospetta un’educazione sessuale assai più
completa e meno «traumatizzante», che abbia il suo fondamento nella scuola:
«L’educazione
sessuale nella scuola, e non solo dal punto di vista medico, è assolutamente
necessaria per una modifica della mentalità verso moltissimi problemi quali le
ragazze madri, i figli illegittimi, ecc. Non vogliamo più un controllo dello
stato e della società sui problemi del singolo e vogliamo che ognuno sia libero
di fare ciò che vuole, a patto che ciò non leda la libertà altrui. Per cui,
assoluta libertà sessuale e modifica totale della mentalità».
«Per cambiare la mentalità sarebbe
necessario impostare il problema sessuale su basi serie, cioè introdurre una
certa educazione sessuale anche nelle scuole per chiarire le idee su certi
problemi fondamentali che ognuno ad una certa età si trova a vivere, in modo
che il problema sessuale non sia un tabù ma venga prospettato con una certa
serietà e sicurezza. E che esso venga veramente affrontato sul piano
sociologico; conoscere cioè tutte le posizioni in modo da avere un orientamento
veramente responsabile».
Il sesso e la società
All’esame
dell’educazione sessuale segue immediatamente quello del modo in cui i problemi
sessuali vengono affrontati dalla nostra società, che si può sintetizzare in un
atteggiamento al tempo stesso di ipocrisia e di moralismo. Non potendo
ovviamente analizzare a fondo i diversi aspetti della questione, ci siamo
limitati a considerarne due, a nostro parere indicativi e di stretta attualità,
e cioè la copiosa produzione di film ad argomento erotico, unicamente destinati
a fare presa esteriore sul pubblico, e quello del controllo delle nascite. Per
quanto riguarda il fenomeno cinematografico (strettamente legato poi a
interessi commerciali) abbiamo riscontrato un atteggiamento decisamente
polemico:
«I
problemi sessuali che vengono prospettati specialmente dal cinema sono in fondo
il frutto della nostra società, cioè puntano molto sull’interesse morboso che
possono suscitare e sfruttano specialmente questo aspetto invece di studiare a
fondo i problemi che affrontano».
«Gran parte di questi film sono
fatti da degenerati, per cui vi è da parte loro quasi un piacere morboso nel
farli. Sono partiti da un’idea abbastanza giusta, cioè togliere questo velo
d’ipocrisia che inceppava il nostro cinema. Ma quando hanno avuto un grosso
successo di cassetta sono completamente degenerati».
Un
problema assai più complesso è quello del controllo delle nascite. Solo da poco
tempo in Italia si può parlare con una certa libertà di questo argomento oggi
reso quanto mai attuale dal nuovo atteggiamento assunto dalla Chiesa che affida
ogni decisione in questo campo alla «coscienza» dei coniugi. Le ragazze con cui
abbiamo parlato si sono rivelate per la maggior parte favorevoli all’uso di
mezzi anticoncezionali durante il matrimonio; tutte indistintamente hanno poi
dichiarato di essere disposte ad usarli in caso di difficoltà economiche o di
motivi di salute.
«Nel
rapporto sessuale ciò che più mi pare importante è la necessità di essere
completamente uniti e perciò i figli sono una conseguenza di secondo grado e
hanno un’importanza relativa».
«
Secondo me in ogni rapporto prematrimoniale e matrimoniale, l’uso della pillola
sarebbe un atto di viltà, cioè la si usa perché si ha paura di eventuali
conseguenze che invece sono la base e il fine dell’unione. Non mi basta essere
convinta dell’amore che provo per un uomo e il viverlo pienamente, ho assoluto
bisogno di una prova continua di questo amore che secondo me può essere
rappresentata solo da un figlio».
Il problema morale e religioso
Dal
problema del controllo delle nascite nel matrimonio è poi derivato come logica
conseguenza quello dei rapporti prematrimoniali.
«Pongo
dei limiti solo perché non voglio correre il rischio di avere conseguenze. Ma
se potessi usare liberamente gli anticoncezionali non avrei problemi di
limiti».
La
questione è molto. complessa e personale e non si darebbe un quadro esatto
della situazione volendo generalizzare o fare statistiche. Preferiamo quindi
riportare alcuni pareri che ci sono parsi indicativi delle diverse posizioni.
«Molti
rapporti sono solo esperienze utili e non capisco come non si vogliano
affrontare».
«Specialmente
nell’amore nessuno dovrebbe agire secondo limiti e regole già prima codificati,
ma solo secondo la propria coscienza e la propria volontà».
«All’uomo
che si ama si può date tutto entro però certi limiti. Se si vuole veramente
amare vi è solo il matrimonio».
«Se
non si è abbastanza sicuri dei propri sentimenti da aver bisogno di un
contratto, allora vuol dire che non siamo sicuri di noi stessi e del nostro
amore».
«Entrambi
i sessi hanno ugualmente diritto ai rapporti prematrimoniali».
«È
ridicolo il ragionamento sul matrimonio, perché si arriva al controsenso della
frase: ciò che è innaturale prima è naturale dopo».
«Si
può volere molto bene ad una persona, però fino ad un certo punto perché ci
sono cose che non si può e non si deve assolutamente dare, anche se si ama, al
di fuori del matrimonio».
« La
purezza spirituale non coincide con l’integrità fisica».
Rispondendo
alle nostre domande sull’esperienza prematrimoniale, le ragazze stesse hanno
introdotto il motivo religioso, che è strettamente connesso col precedente.
Quelle dichiaratamente cattoliche hanno rivelato due diverse tendenze: alcune
concordano con la posizione ufficiale della Chiesa, che dà fondamentale
importanza alla verginità prematrimoniale. Le altre invece ritengono che se c’è
l’amore non abbia più senso parlare di limiti. «La posizione della Chiesa
concorda perfettamente con delle norme di natura igienica e sociale che ci
impongono delle limitazioni necessarie per non creare dei disordini».
«Il
fatto religioso per me è stato profondamente negativo perché mi ha per un certo
periodo di tempo vietato strade che io pensavo portatrici di felicità. Poi però
mi sono ribellata ma prima di sentirmi veramente libera ho dovuto superare un
lungo periodo di dubbi ed incertezze».
«La
religione in campo sessuale è apportatrice di complessi di colpa».
«Quando
esiste l’amore non possono e non devono esistere limiti e freni religiosi».
«La
posizione della Chiesa mi ha creato molti conflitti fin quando non me ne sono
allontanata».
Ma
la religiosità non è l’unico vincolo che limita la libertà sessuale, vi è anche
la preoccupazione di «tradire» la fiducia della propria famiglia, agendo contro
le norme della morale corrente.
«La
donna, generalmente, non è indipendente ed è fortemente legata alla famiglia e
non può assolutamente tradire la fiducia che questa ha in lei».
«I
sentimenti di mio padre e di mia madre non possono influire sui miei: posso
dare un grande valore a mio padre e a mia madre, ma se io reputo giusto l’agire
in un dato modo il loro giudizio non influisce assolutamente su di me».
«Secondo
me uno tradisce la fiducia dei suoi genitori solo quando non è coerente con se
stesso».
Il matrimonio e il lavoro
Fino
a pochi anni fa, prima dell’ultima guerra, alla donna era praticamente aperta
un’unica via: quella del matrimonio. Oggi, che più di un quarto della
popolazione lavorativa italiana è femminile, la situazione è notevolmente
mutata e possiamo dire che questo è uno dei settori in cui più rapidamente si
sta realizzando la parità tra i due sessi. Tuttavia il problema si prospetta
sotto diversi aspetti a secondo della condizione sociale della ragazza.
È
stato interessante conoscere in proposito le idee delle ragazze che frequentano
il liceo classico, appartenenti cioè ad un ambiente tipicamente borghese.
«Un
tempo non molto lontano, erano i genitori a non spingere la figlia sulla strada
dal lavoro, non dandole la stessa educazione del maschio, perché per
definizione era destinata al matrimonio e a fare la donna di casa; ma ora sono
le figlie che dicono: ‑ Per ora sono i genitori a mantenermi, poi mi sposo; è
inutile quindi che mi cerchi seriamente un impegno, una strada. Voglio solo
avere una educazione che mi permetta di sposare un uomo di una certa istruzione
ed educazione superiore o almeno pari alla mia. ‑ E questo vale specialmente
per quelle che frequentano i licei».
«Certamente
la maggioranza delle ragazze partono dal presupposto di sposarsi e quindi non
danno importanza alla ricerca di una propria strada».
«Molte
fanno questo ragionamento: ‑ Io adesso faccio il liceo, perché cosi mi piace,
poi presa la maturità, basta, pianto lì tutto e aspetto un marito.
E
questi sono ragionamenti che in non ho mai sentito fare da ragazze che lavorano
da quando hanno 16-18 anni, ma solo da studentesse, specialmente del Parini,
che sembra vogliano sposarsi solo per la paura di restare zitelle».
«Molte
di queste ragazze che aspirano come unico fine al matrimonio, saranno
veramente, secondo me, delle pessime mogli e delle cattive madri; sarà
certamente buona madre quella che già da ragazza ha una coscienza personale e
civile».
«Il
pensiero dominante sul matrimonio
in certi ambienti è questo: ‑ Oh che bello! Dormirò fino alle undici del
mattino, mentre quattro donne di servizio sgobberanno a mettere in ordine la
casa».
In affermazioni di tal genere si
può chiaramente vedere come, secondo una mentalità molto diffusa, si tenda a
creare una netta frattura tra lavoro e matrimonio. Però le ragazze intervistate
hanno dichiarato di non poter scindere il matrimonio da una cosciente
partecipazione alla vita della società sia nel lavoro che nelle altre attività
culturali.
«Se
mi offrissero una vita solo dedita al matrimonio, alla casa e ai figli,
piuttosto di vivere così mi ammazzerei».
«Non
è tanto importante partecipare finanziariamente al mantenimento della famiglia
ma è assolutamente necessario avere interessi al di fuori del matrimonio».
«Secondo
me matrimonio e lavoro non creano un dilemma perché se una donna parte con
l’idea di voler essere utile e impegnata, può conciliate benissimo il
matrimonio al lavoro; se invece parte con 1’idea di non volere lavorare, ma
vuole solo sposarsi, si sposa. Perciò il dilemma non esiste».
«Se
una donna non vede se stessa come individuo singolo, profondamente interessato
ed impegnato, con responsabilità e diritti anche nel matrimonio al 50 % è
inutile parlare di parità con l’uomo».
Si è
presentato a questo punto un altro dei problemi oggi di scottante attualità: il
divorzio. Come è noto, dopo anni e anni di totale disinteresse che rivelano
gretto moralismo e ipocrisia da parte della nostra classe dirigente, si è
finalmente giunti ad una proposta di legge che, per quanto cauta e limitata,
trasporta la possibilità del divorzio dal piano teorico a quello pratico.
«Il
divorzio, concesso però non con leggerezza, deve esistere anche solo per il
rispetto che si deve alla libertà dell’uomo».
«Il
divorzio, a mio parere di cattolica, non dovrebbe esistere, però sarebbe giusto
che esistesse per quelle persone che non condividendo le mie idee sono
costrette lo stesso a rimanere legate per tutta la vita ad una persona che non
amano».
«L’incompatibilità
di carattere veramente comprovata deve essere sufficiente al divorzio».
Impegno collettivo o impegno di elite?
Come
conclusione abbiamo chiesto un parere sull’atteggiamento preso nella
risoluzione di questi problemi dalla massa delle ragazze. Non crediamo siano
necessari commenti:
«La
massa delle ragazze è veramente a terra, non credo poi che vi sia una via di
mezzo, ma quelle che sono intellettualmente superiori e che hanno un
atteggiamento e una posizione positiva, anche se sono poche, hanno certamente
un peso importante e riscattano in parte la negatività della massa».
«La
maggioranza delle ragazze che pensano in un modo secondo me sbagliato non conta
e non ha vero rilievo, in quanto non si sanno effettivamente affermare, mentre
le altre, le impegnate, hanno preso veramente coscienza di sé e l’affermano a
voce alta. Ma la massa disinteressata che è molto ampia in certi momenti riesce
a schiacciare questa piccola elite, e quando le appartenenti a questa massa
diffonderanno le loro non‑idee ai loro figli, aumenterà il già immenso numero
dei disinteressati. Ma, questo è certo, lo stesso discorso vale per i ragazzi».
Qui una serie di articoli scelti pubblicati dalla stampa italiana e estera dedicati al caso suscitato attorno all'inchiesta "Che cosa pensano le ragazze d'oggi" comparsa il 14 febbraio 1966 ne La Zanzara, organo ufficiale dell'Associazione Studentesca Pariniana.
Nessun commento:
Posta un commento