giovedì 8 novembre 2012

CAOS DENTRO: LA MALINCONIA DEI NUMERI NEGATIVI


Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale.

X non è solo il protagonista di questa storia,
X è anche il nome d’una generazione che ha smesso di credere in se stessa.
X è incognita, disperazione, speranza e attesa.

“Le stelle pure, meravigliose erano sempre là, che ardevano.”
Jack Kerouac

Io e X siamo amici da moltissimo tempo. Praticamente siamo cresciuti insieme, abbiamo affrontato le varie tappe della vita sempre a stretto contatto, fianco a fianco. Eppure ci sono degli aspetti della sua personalità che non sono ancora riuscito a decifrare a sufficienza. Quel ragazzo è un’incognita. Un’incognita imprevedibile. Non a caso ho scelto di occultare la sua identità dietro lo pseudonimo di X.
Ad X piacciono un sacco di cose. Ama i dipinti, le sculture, i film, la musica, la letteratura, l’astronomia, la poesia, certi cieli particolari e una ragazza dai lunghi capelli dello stesso colore del grano.
Tutte le volte che parlo di X con qualcuno mi viene sempre da definirlo un vero fuoriclasse, o più internazionalmente un outsider. Da uno come lui ci si può aspettare di tutto e di più. Se fosse una carta da gioco sarebbe senza ombra di dubbio un Jolly.
Ad X piaceva molto anche ridere. Uso volutamente l’imperfetto poiché ultimamente non è più sereno come un tempo. E’ come se una misteriosa luna nera avesse eclissato l’abbagliante luce dei suoi occhi.
Ogni volta che tento di cavargli di bocca le ragioni che lo fanno stare così male, lui distoglie prontamente lo sguardo, o più semplicemente si volta dall’altra parte con una disinvoltura inadatta, senza dire assolutamente nulla. Dopodiché se ne resta assorto fino a che non si cambia l’argomento della discussione.
Ho la netta sensazione che la disoccupazione lo stia dilaniando poco alla volta dall’interno e che la sua attuale situazione sentimentale non sia delle migliori. X è nato per essere un artista, un comunicatore capace di esprimere attraverso l’ausilio d’immagini qualsiasi tipo di messaggio. Ma purtroppo le strade professionali in quel campo ormai sono diventate sempre più rare e difficili da intraprendere.
Penso a tutte le umiliazioni incassate, a tutti i NO che ha ricevuto, a tutte quelle porte che gli hanno sempre sbattuto in faccia. Alle favole raccontategli dalle agenzie interinali, ai “le faremo sapere”, a tutti quei cestini della spazzatura dove, fra un documento e l’altro, vi era finito anche il suo curriculum e al fatto che, malgrado tutto questo, lui non si era mai arreso.
Vi confesso che X, oltre ad essere uno dei miei più grandi amici, è anche il mio eroe contemporaneo preferito.
Dovreste vedere le straordinarie prodezze che compie con certi programmi di disegno. Se vedeste con quanta passione si cimenta in quel tipo di attività capireste tutto quanto.
Sono consapevole del fatto che X è una persona molto fragile, ma al contempo troppo orgogliosa per chiedere aiuto.
Certe volte, durante le nostre interminabili discussioni, spesso X se ne esce fuori esclamando: “Amico mio, noi due ce ne dobbiamo andare da questo schifo di paese di merda, capisci? Tanto ormai lo sappiamo bene entrambi che in questa fottutissima Italia in collasso un futuro decente e sicuro non l’avremo mai e poi mai, porca puttana! Zero garanzie! Che cazzo ci stiamo a fare ancora qui, me spieghi?”
Tutte le volte non so mai cosa rispondergli. Non so come poter affrontare la questione. Mi spiazza.
Così mi ritrovo costretto a rispondergli con un tono piuttosto svogliato: “ Sì, hai perfettamente ragione.”  Giusto per calmarlo un po’.
Altre volte, invece, quando è particolarmente ubriaco, perde completamente il controllo e la fiducia in se stesso, come se smettesse d’un tratto di credere nelle sue stesse incredibili potenzialità. “Non valgo niente, sono inutile.” Dice sottovoce, e poi: “E i miei disegni fanno cagare e sono un fallito, un buono a nulla, e non riuscirò mai a costruire un cazzo di niente in questa vita.” Il suo volto si fa sempre più serio e inespressivo, quasi apatico, ma nei suoi occhi brucia inesorabile la fiamma della disperazione. “Forse non sono poi così tanto capace come dicono. Forse tutti mi dicono che sono un grande solo per consolarmi. Io non sono un cazzo di depresso e non ho bisogno di nessuno, voglio che sia chiaro.” A quel punto io non riesco più a trattenermi e lo interrompo bruscamente. “X, ti prego, cerca di calmarti. Nessuno qui ti piglia per il culo. Tu sei un maledetto genio, sei in gamba amico. Non sai cosa darei per riuscire ad osservare il mondo attraverso i tuoi occhi, anche solo per un minuto. Non sai quanto io invidi la tua fantasia. E i tuoi disegni sono stupendi, credimi, per non parlare poi della passione che metti in tutto ciò che fai. Credimi X, non parleresti così di te stesso se solo ti rendessi conto di quanto cazzo sei speciale.” Ma le mie parole pare non riescano mai a toccarlo minimamente.
“Sai cosa mi fa incazzare, amico? Mi fa incazzare che le persone mi elogino continuamente e che mi riempiano di complimenti gratuiti. Se fosse davvero come dici tu, non sarei in questa maledetta situazione, capisci? Tu sei esattamente come lei, cerchi solo di consolarmi, di tirarmi su il morale. Ma è inutile porca miseria, ve lo leggo negli occhi che in realtà mi compatite. Gli occhi, come ben sai, sono molto più sinceri delle parole. Dimmi a che serve essere dei geni quando poi dentro si è infelici? Che ci guadagno?”
Una volta arrivati a quel punto, solitamente, o cambiamo argomento o ordiniamo l’ennesima birra.
Ricordo ancora quegli anni febbricitanti in cui la sua creatività era arrivata a livelli estremi.
X in quel periodo era perennemente galvanizzato. Mi mostrava un disegno dopo l’altro, e mi chiedeva fissandomi negli occhi con quello che era il suo classico sguardo allucinato: “Hai visto amico? Ti piace? Dimmelo se non ti piace eh! Praticamente ho cercato di rappresentare questo e quest’altro. Insomma, ti piace almeno l’idea? E il disegno? Cosa ne pensi del disegno?” Erano gli anni d’oro ed io come sempre facevo fatica a seguirlo. Era completamente impazzito e la sua fervida immaginazione era diventata come un virus incontrollabile.
O come quando mi aveva raccontato della sua ragazza. Mi aveva fissato a lungo con impresso sul volto un sorrisetto misterioso. A quel punto gli avevo chiesto: “Cos’è quel sorrisino lì? Devi dirmi qualcosa? Lo so che devi dirmi qualcosa, avanti, sputa il rospo.” X scoppiò a ridere di gusto. “Non ti si può nascondere niente a te, vero? Praticamente ho conosciuto questa ragazzina, che tra l’altro è bellissima e simpaticissima e straordinaria, e ha addirittura i capelli d’oro, non so se mi spiego. E mi trovo un sacco bene a stare con lei, e la cosa credo sia reciproca. Fatto sta che abbiamo deciso di metterci assieme e vedere come va a finire. L’amore suppongo sia più un fatto d’intuizione che di predisposizione. Sono felice, va tutto bene, e non c’è bisogno di preoccuparsi di niente, perché quando si è felici, non ci sono motivi validi per preoccuparsi veramente di qualcosa, non credi anche tu?”
A quel tempo X era matto da legare, questo è un dato inconfutabile, ma in compenso era felice e innamorato come non mai. Sono pronto a scommettere che chiunque sarebbe disposto a barattare la propria sanità mentale in cambio della felicità.
E’ strano come un giorno siamo lì, con gli occhi lucidi come specchi d’acqua, a ringraziare il cielo per averci regalato tanta immeritata fortuna, e il giorno dopo siamo di nuovo stesi a terra, senza più forze e speranze, a contorcerci dalla disperazione, con le ali completamente logorate come angeli precipitati al suolo, senza sapere nemmeno il come e il perché.
Fluttuiamo un attimo spensierati fra le nuvole e un attimo dopo siamo ciclicamente ritornati al punto di partenza, a lamentarci, rabbiosi come bestie, della più grande delle ingiustizie della vita: ovvero dell’inconcepibile meccanismo che impedisce allo scorrere degli eventi di seguire il corso che vorremmo noi.
Una sera, dopo essere usciti dal bar stranamente un po’ più sobri del solito, X ed io ci eravamo messi a camminare senza destinazione lungo la strada.
“Hai visto quante stelle?” Mi chiese indicando il cielo. “Già.” Mi limitai a rispondere.
“Ogni volta che le guardo la mia esistenza mi sembra meno inutile. Certo che il firmamento è proprio una cosa meravigliosa, cazzo! Uno spettacolo da paura!” Esclamò con gli occhi ancora rivolti verso l’immensità del cielo notturno.
“X tu credi in Dio?” Gli chiesi.
Mi fissò a lungo con sospetto. “Non lo so, non è un bel periodo. Magari esiste, ma sicuramente non è dalla mia parte, o comunque non mi considera abbastanza degno del suo aiuto. A volte però penso che malgrado tutto sono un ragazzo molto fortunato.”
“Tutti noi siamo fortunati. Esistiamo.”
Ma X era troppo altrove con la mente per captare le mie parole. Rimase un istante immobile a fissare le stelle.
Poi, ad un tratto, disse: “La mia vita è sempre stata farcita d’incertezze d’ogni tipo, ma di due cose ora sono assolutamente sicuro, al cento per cento.”
“Avanti, dimmi.” Lo invitai a proseguire.
“Sono sicuro che questo periodo nero prima o poi passerà,
e che tu sei e sarai per sempre il mio migliore amico.”


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