Ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale.
X non è solo il protagonista di questa storia,
X è anche il nome d’una generazione che ha smesso di credere
in se stessa.
X è incognita, disperazione, speranza e attesa.
“Le stelle pure,
meravigliose erano sempre là, che ardevano.”
Jack Kerouac
Io e X siamo amici da moltissimo tempo. Praticamente siamo
cresciuti insieme, abbiamo affrontato le varie tappe della vita sempre a
stretto contatto, fianco a fianco. Eppure ci sono degli aspetti della sua
personalità che non sono ancora riuscito a decifrare a sufficienza. Quel
ragazzo è un’incognita. Un’incognita imprevedibile. Non a caso ho scelto di
occultare la sua identità dietro lo pseudonimo di X.
Ad X piacciono un sacco di cose. Ama i dipinti, le sculture,
i film, la musica, la letteratura, l’astronomia, la poesia, certi cieli
particolari e una ragazza dai lunghi capelli dello stesso colore del grano.
Tutte le volte che parlo di X con qualcuno mi viene sempre
da definirlo un vero fuoriclasse, o più internazionalmente un outsider. Da uno
come lui ci si può aspettare di tutto e di più. Se fosse una carta da gioco
sarebbe senza ombra di dubbio un Jolly.
Ad X piaceva molto anche ridere. Uso volutamente
l’imperfetto poiché ultimamente non è più sereno come un tempo. E’ come se una
misteriosa luna nera avesse eclissato l’abbagliante luce dei suoi occhi.
Ogni volta che tento di cavargli di bocca le ragioni che lo
fanno stare così male, lui distoglie prontamente lo sguardo, o più
semplicemente si volta dall’altra parte con una disinvoltura inadatta, senza
dire assolutamente nulla. Dopodiché se ne resta assorto fino a che non si
cambia l’argomento della discussione.
Ho la netta sensazione che la disoccupazione lo stia
dilaniando poco alla volta dall’interno e che la sua attuale situazione
sentimentale non sia delle migliori. X è nato per essere un artista, un
comunicatore capace di esprimere attraverso l’ausilio d’immagini qualsiasi tipo
di messaggio. Ma purtroppo le strade professionali in quel campo ormai sono diventate
sempre più rare e difficili da intraprendere.
Penso a tutte le umiliazioni incassate, a tutti i NO che ha
ricevuto, a tutte quelle porte che gli hanno sempre sbattuto in faccia. Alle
favole raccontategli dalle agenzie interinali, ai “le faremo sapere”, a tutti
quei cestini della spazzatura dove, fra un documento e l’altro, vi era finito
anche il suo curriculum e al fatto che, malgrado tutto questo, lui non si era
mai arreso.
Vi confesso che X, oltre ad essere uno dei miei più grandi
amici, è anche il mio eroe contemporaneo preferito.
Dovreste vedere le straordinarie prodezze che compie con
certi programmi di disegno. Se vedeste con quanta passione si cimenta in quel
tipo di attività capireste tutto quanto.
Sono consapevole del fatto che X è una persona molto fragile,
ma al contempo troppo orgogliosa per chiedere aiuto.
Certe volte, durante le nostre interminabili discussioni,
spesso X se ne esce fuori esclamando: “Amico mio, noi due ce ne dobbiamo andare
da questo schifo di paese di merda, capisci? Tanto ormai lo sappiamo bene
entrambi che in questa fottutissima Italia in collasso un futuro decente e
sicuro non l’avremo mai e poi mai, porca puttana! Zero garanzie! Che cazzo ci
stiamo a fare ancora qui, me spieghi?”
Tutte le volte non so mai cosa rispondergli. Non so come
poter affrontare la questione. Mi spiazza.
Così mi ritrovo costretto a rispondergli con un tono
piuttosto svogliato: “ Sì, hai perfettamente ragione.” Giusto per calmarlo un po’.
Altre volte, invece, quando è particolarmente ubriaco, perde
completamente il controllo e la fiducia in se stesso, come se smettesse d’un
tratto di credere nelle sue stesse incredibili potenzialità. “Non valgo niente,
sono inutile.” Dice sottovoce, e poi: “E i miei disegni fanno cagare e sono un
fallito, un buono a nulla, e non riuscirò mai a costruire un cazzo di niente in
questa vita.” Il suo volto si fa sempre più serio e inespressivo, quasi
apatico, ma nei suoi occhi brucia inesorabile la fiamma della disperazione.
“Forse non sono poi così tanto capace come dicono. Forse tutti mi dicono che
sono un grande solo per consolarmi. Io non sono un cazzo di depresso e non ho
bisogno di nessuno, voglio che sia chiaro.” A quel punto io non riesco più a
trattenermi e lo interrompo bruscamente. “X, ti prego, cerca di calmarti.
Nessuno qui ti piglia per il culo. Tu sei un maledetto genio, sei in gamba
amico. Non sai cosa darei per riuscire ad osservare il mondo attraverso i tuoi
occhi, anche solo per un minuto. Non sai quanto io invidi la tua fantasia. E i
tuoi disegni sono stupendi, credimi, per non parlare poi della passione che
metti in tutto ciò che fai. Credimi X, non parleresti così di te stesso se solo
ti rendessi conto di quanto cazzo sei speciale.” Ma le mie parole pare non riescano
mai a toccarlo minimamente.
“Sai cosa mi fa incazzare, amico? Mi fa incazzare che le
persone mi elogino continuamente e che mi riempiano di complimenti gratuiti. Se
fosse davvero come dici tu, non sarei in questa maledetta situazione, capisci?
Tu sei esattamente come lei, cerchi solo di consolarmi, di tirarmi su il
morale. Ma è inutile porca miseria, ve lo leggo negli occhi che in realtà mi
compatite. Gli occhi, come ben sai, sono molto più sinceri delle parole. Dimmi
a che serve essere dei geni quando poi dentro si è infelici? Che ci guadagno?”
Una volta arrivati a quel punto, solitamente, o cambiamo
argomento o ordiniamo l’ennesima birra.
Ricordo ancora quegli anni febbricitanti in cui la sua
creatività era arrivata a livelli estremi.
X in quel periodo era perennemente galvanizzato. Mi mostrava
un disegno dopo l’altro, e mi chiedeva fissandomi negli occhi con quello che
era il suo classico sguardo allucinato: “Hai visto amico? Ti piace? Dimmelo se
non ti piace eh! Praticamente ho cercato di rappresentare questo e quest’altro.
Insomma, ti piace almeno l’idea? E il disegno? Cosa ne pensi del disegno?”
Erano gli anni d’oro ed io come sempre facevo fatica a seguirlo. Era completamente
impazzito e la sua fervida immaginazione era diventata come un virus incontrollabile.
O come quando mi aveva raccontato della sua ragazza. Mi
aveva fissato a lungo con impresso sul volto un sorrisetto misterioso. A quel
punto gli avevo chiesto: “Cos’è quel sorrisino lì? Devi dirmi qualcosa? Lo so
che devi dirmi qualcosa, avanti, sputa il rospo.” X scoppiò a ridere di gusto.
“Non ti si può nascondere niente a te, vero? Praticamente ho conosciuto questa
ragazzina, che tra l’altro è bellissima e simpaticissima e straordinaria, e ha
addirittura i capelli d’oro, non so se mi spiego. E mi trovo un sacco bene a
stare con lei, e la cosa credo sia reciproca. Fatto sta che abbiamo deciso di
metterci assieme e vedere come va a finire. L’amore suppongo sia più un fatto
d’intuizione che di predisposizione. Sono felice, va tutto bene, e non c’è
bisogno di preoccuparsi di niente, perché quando si è felici, non ci sono
motivi validi per preoccuparsi veramente di qualcosa, non credi anche tu?”
A quel tempo X era matto da legare, questo è un dato
inconfutabile, ma in compenso era felice e innamorato come non mai. Sono pronto
a scommettere che chiunque sarebbe disposto a barattare la propria sanità
mentale in cambio della felicità.
E’ strano come un giorno siamo lì, con gli occhi lucidi come
specchi d’acqua, a ringraziare il cielo per averci regalato tanta immeritata
fortuna, e il giorno dopo siamo di nuovo stesi a terra, senza più forze e
speranze, a contorcerci dalla disperazione, con le ali completamente logorate
come angeli precipitati al suolo, senza sapere nemmeno il come e il perché.
Fluttuiamo un attimo spensierati fra le nuvole e un attimo
dopo siamo ciclicamente ritornati al punto di partenza, a lamentarci, rabbiosi
come bestie, della più grande delle ingiustizie della vita: ovvero dell’inconcepibile
meccanismo che impedisce allo scorrere degli eventi di seguire il corso che
vorremmo noi.
Una sera, dopo essere usciti dal bar stranamente un po’ più
sobri del solito, X ed io ci eravamo messi a camminare senza destinazione lungo
la strada.
“Hai visto quante stelle?” Mi chiese indicando il cielo.
“Già.” Mi limitai a rispondere.
“Ogni volta che le guardo la mia esistenza mi sembra meno
inutile. Certo che il firmamento è proprio una cosa meravigliosa, cazzo! Uno
spettacolo da paura!” Esclamò con gli occhi ancora rivolti verso l’immensità
del cielo notturno.
“X tu credi in Dio?” Gli chiesi.
Mi fissò a lungo con sospetto. “Non lo so, non è un bel
periodo. Magari esiste, ma sicuramente non è dalla mia parte, o comunque non mi
considera abbastanza degno del suo aiuto. A volte però penso che malgrado tutto
sono un ragazzo molto fortunato.”
“Tutti noi siamo fortunati. Esistiamo.”
Ma X era troppo altrove con la mente per captare le mie
parole. Rimase un istante immobile a fissare le stelle.
Poi, ad un tratto, disse: “La mia vita è sempre stata
farcita d’incertezze d’ogni tipo, ma di due cose ora sono assolutamente sicuro,
al cento per cento.”
“Avanti, dimmi.” Lo invitai a proseguire.
“Sono sicuro che questo periodo nero prima o poi passerà,
e che tu sei e sarai per sempre il mio migliore amico.”
Nessun commento:
Posta un commento