giovedì 25 ottobre 2012

CAOS DENTRO: MA IL CIELO E' SEMPRE PIU' BLU


“Non si conoscono che le cose che si addomesticano”, disse la volpe. “Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!”
“Che bisogna fare?” domandò il piccolo principe.
“Bisogna essere molto pazienti”, rispose la volpe. “In principio tu ti siederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino…”
Antoine De Saint-Exupèry


Sto passeggiando per i corridoi psichedelici di un centro commerciale qualunque. Ogni tanto il  mio sguardo si posa sulle vetrine lucidissime dei negozi, talmente lucide che ci si potrebbe benissimo specchiare, e sono pronto a scommetterci che qualcuno di nascosto lo faccia già.
Non m’importa se la maggior parte dei  prodotti esposti non me li possa permettere. Io li osservo ugualmente, per di più con estrema attenzione. Poiché quelli non sono semplici oggetti, ma sono veri e propri indizi, messi apposta ad indicare di cosa ha apparentemente bisogno l’uomo contemporaneo. E questo è un dato di fatto: ormai gli oggetti possiedono un valore nettamente superiore rispetto ai sentimenti, alle emozioni e a tutto ciò che di astratto esiste nel mondo.
Penso che all’entrata dei centri commerciali dovrebbero innalzare un bel cartello con scritto sopra:  “Benvenuti nell’epoca del consumismo, dunque consumate, consumate, inesorabilmente consumate!”.
Ma tanto sono convinto che non lo metteranno mai. E’ necessario far credere alla gente che il fatto di acquistare qualcosa sia una loro vera scelta, non bisogna assolutamente fargli acquisire la consapevolezza di non essere altro che dei banalissimi consumatori, dei burattini completamente alienati, comandati a bacchetta dalle severe leggi imposte dal mercato globale.
Più osservo tutte queste persone che mi camminano a fianco, che mi sorpassano, che mi arrivano dalla direzione opposta, più mi viene da chiedermi che fine abbiano fatto gli esseri umani.
Ognuno procede lungo la sua strada senza la necessità di stabilire contatti, senza sorridersi, senza stringersi le mani e talvolta senza neppure fissarsi un secondo negli occhi. Siamo come spettri, invisibili gli uni  agli altri. In questo posto paradossalmente troppo allegro, l’unica cosa concreta sono i bisogni inutili che la società, i mass media e tutte quelle geniali diavolerie pubblicitarie hanno reso essenziali. Mentre noi siamo diventati poco alla volta sempre più diffidenti e sempre meno coinvolti dalle questioni umane. Capisci ciò che intendo dire? E’ come se ci fossimo dimenticati del fatto che apparteniamo tutti quanti ad unica immensa famiglia. Abbiamo rimosso questa preziosa informazione dal nostro codice genetico. E non solo, ci dividiamo in sottogruppi. Cerchiamo volutamente dei pretesti per spaccarci e dividerci. Le ideologie politiche, le nazionalità, le religioni, i colori delle pelle, i gusti sessuali..
Tutto ciò mi fa ritornare alla mente un famoso detto che dice più o meno così: “Il tutto è più della somma delle sue parti.”. Ecco, l’umanità dovrebbe valere più dei futili gruppetti in cui questa è suddivisa. Ma basta accendere la tv e guardare un telegiornale a caso per rendersi conto che è praticamente impossibile che in un mondo infettato da stupide, inutili ed inconcludenti guerre, questo buon proposito possa un giorno verificarsi realmente.
Decido di abbandonare per un attimo quei brutti pensieri. A passi rapidi mi dirigo verso il bar. Ordino un caffè. La cassiera mi guarda attraverso le lenti dei suoi occhiali, ma sono certo che non stia affatto fissando me, ma un cliente uguale a tutti gli altri. Uno dei tanti, insomma. Quando gli porgo l’euro, mi ringrazia, ma nel suo ringraziamento non riesco a rintracciare neppure l’ombra d’una gratitudine sincera.
Mentre bevo il mio adorato caffè a piccoli sorsi per evitare di ustionarmi il palato, nella mia testa si forma l’immagine di un’utopica società fatta di sorrisi, comunicazione, abbracci e gesti affettuosi autentici. Dove tutti si vogliono bene, a prescindere. In un angolo remoto di questa splendida visione mi pare di scorgere il volto di Gesù Cristo, ma non sono tanto sicuro che sia davvero lui.
Esco dal centro commerciale passando attraverso le porte scorrevoli. Improvvisamente, forse perché i suoi occhiali neri sono tornati in voga, mi viene da ripensare a Pasolini, precisamente ad un’intervista di circa quarant’anni fa in cui dice: “Il regime è un regime democratico, però quella acculturazione, quella omologazione che il fascismo non è riuscito assolutamente ad ottenere, il potere di oggi, cioè il potere della civiltà dei consumi, invece riesce ad ottenere perfettamente, distruggendo le varie realtà particolari. E questa cosa è avvenuta talmente rapidamente che noi non ce ne siamo resi conto. E’ avvenuto tutto in questi ultimi dieci anni. E’ stato una specie di incubo, in cui abbiamo visto attorno a noi l’Italia distruggersi e sparire. Adesso risvegliandoci, forse, da questo incubo, e guardandoci intorno, ci accorgiamo che non c’è più niente da fare.” Non riesco a non dargli ragione e a non credere che quella era stata più che una dichiarazione, una vera e propria profezia.
Mentre mi avvio verso la macchina con le chiavi già impugnate nella mano sinistra, mi convinco del fatto che la profonda crisi economica purtroppo non è la sola crisi che stiamo vivendo.
Uno smisurato senso di tristezza mi assale. E’ come se tutto il male del mondo si fosse impadronito della mia coscienza, stritolandola con violenza, sbriciolando dentro di me ogni forma di speranza.
Sto per entrare nell’abitacolo dell’autovettura quando in lontananza scorgo le sagome di una coppia di anziani che camminano tenendosi per mano, come due giovani innamorati. La mia attenzione si focalizza tutta sulle loro dita intrecciate, sulla simmetria perfetta creata dalle loro mani congiunte. Penso a questi due anziani che magari hanno visto la guerra e provato sulla propria pelle cosa significa essere veramente poveri. Non riesco neppure a immaginare quanti ricordi possano essere celati nei profondi solchi scavati  dallo scorrere del tempo sulla superficie dei loro volti.
I due anziani si sono dileguati dietro l’angolo. Nella mia testa riecheggiano le parole di una nota canzone di Battiato: “Ma c'é voluto del talento per riuscire ad invecchiare senza diventare adulti. Mio amore mio dolce mio meraviglioso amore, dall'alba chiara finché il giorno muore, ti amo ancora, sai ti amo. Il tempo passa e ci scoraggia, tormenti sulla nostra via, ma dimmi c'é peggior insidia che amarsi con monotonia?”
Metto in moto, esco dal parcheggio e imbocco la strada provinciale. Mentre guido penso ad un sacco di cose: all’ipotesi che questo mondo stia per finire, alla crisi economica italiana, al consumismo, alla rivoluzione spagnola, a quella greca, agli operai licenziati in tronco, agli esodati, ai precari, ai disoccupati a tempo indeterminato, alle industrie in fallimento, a chi ha perso tutto, a Gesù, a Pasolini, a due vecchi che si amano ancora, al prezzo esagerato del caffè e della benzina, ai cartelloni pubblicitari, ai programmi televisivi diseducativi, all’inutilità sanguinaria delle guerre, a quel Dio che non riesco mai a capire se esista o meno.
Mi fermo ad un semaforo rosso e in quel momento mi riaffiora alla mente il finale de “Le città invisibili” di Calvino.
“L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e approfondimento continui: cercare e sapere riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio".
La voce roca e vibrante di un redivivo Louis Armstrong mi accompagna per gli ultimi metri di strada. Nel cielo sono comparse le prime stelle, bellissime e luminosissime da mozzare il fiato.
Esco dalla macchina e resto per un po’ di tempo così, con la testa rivolta all’insù.
Con lo sguardo mi metto a fissare i bagliori delle stelle e a setacciare i crateri lunari. In quel momento ogni pensiero, ogni paura ed ogni preoccupazione, spariscono di colpo.   
Ragazzi, la vita è proprio uno spettacolo grandioso,
and I think to myself, what a wonderful world.




1 commento:

  1. Orgoglioso di essere amico dell'autore di questo capolavoro...una persona unica, sensibile e dal talento illimitato, su ogni fronte.
    Sei una bellissima persona...
    Avrai sempre la mia stima e il mio appoggio, su tutto.
    Ti saluto con una "pacca sulla spalla" telematica caro amico mio...

    Il tuo primo fan

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