domenica 14 ottobre 2012

IL FILO DI ARIADNE

“Quando qualcuno cerca, allora accade facilmente che il suo occhio perda la capacità di vedere ogni altra cosa, fuori di quella che cerca, e che egli non riesca a trovare nulla, non possa assorbire nulla, in sé, perché pensa sempre unicamente a ciò che cerca, perché ha uno scopo, perché è posseduto dal suo scopo.
Cercare significa: avere uno scopo.
Ma trovare significa: essere libero, restare aperto, non avere scopo. Tu sei forse, di fatto, uno che cerca, poiché, perseguendo il tuo scopo, non vedi tante cose che ti stanno davanti agli occhi”.
(Hermann Hesse, Siddharta)


Der Suchende in tedesco è “colui che cerca”, termine usato per riferirsi a quegli uomini che non si accontentato delle superficie delle cose, ma che, ragionando, vogliono esplorare, andare in fondo a ogni aspetto della vita, conoscere se stessi. Si tratta di “un cercare che è già di per sé un trovare”, come direbbe Sant’Agostino. “Colui che cerca”, der Suchende, è un individuo inquieto, bisognoso di certezza. Egli cerca l’Assoluto: “una verità su cui fondarsi nell’universale relatività della vita e del mondo”. È un ricercare che ci mantiene in un equilibrio precario tra ciò che siamo e ciò che non siamo ancora. È quel senso di inquietudine che spinge l’individuo ad alzare lo sguardo sulla propria vita e a domandarsi come si è arrivati a quel punto; un sentimento di incertezza che ha da sempre accompagnato l’uomo e che lo ha portato ad affidarsi a dottrine confortanti, luoghi comodi  in cui coltivare la propria identità.
Siddharta  rifiuta queste “dottrine” a cui altri sono pervenuti per mezzo delle loro esperienze, del loro pensiero, della loro conoscenza. Egli è consapevole che per trovarsi, per essere liberi, il percorso verso sé stessi lo si deve compiere da soli. Così si rivolge Siddharta a Buddha dopo averne ascoltato la dottrina: “Questo è il motivo per cui continuo la mia peregrinazione: non per cercare un’altra e migliore dottrina, poiché lo so che ve n’è alcuna, ma per abbandonare tutte le dottrine e tutti i maestri e raggiungere da solo la mia meta o morire”.
Il rischio è di perdersi, ma trovarsi significa pervenire a una consapevolezza di sé che permette alla personalità di realizzarsi completamente e di vivere. Vivere realmente quelle ore, quei giorni, quegli anni che vengono di solito sciupati nella banalità di un’esistenza “d’ordinaria amministrazione”.


2 commenti:

  1. Il rischio è di perdersi, ma trovarsi significa pervenire a una consapevolezza di sé che permette alla personalità di realizzarsi completamente e di vivere. Vivere realmente quelle ore, quei giorni, quegli anni che vengono di solito sciupati nella banalità di un’esistenza “d’ordinaria amministrazione”.

    Partite da qui è sarete già a metà dell'opera giovani. Continuate così.

    Un caro amico

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